Gli scienziati recuperano la carcassa quasi intatta di un mammut lanoso femmina, aprendo nuove prospettive per lo studio della specie e la sua possibile resurrezione.
Nel permafrost in scioglimento della Siberia è stato ritrovato un cucciolo di mammut lanoso (Mammuthus primigenius) straordinariamente conservato. L’esemplare, chiamato Yana, è una femmina che visse circa 50.000 anni fa durante il Tardo Pleistocene. La scoperta è avvenuta vicino alla “Porta dell’Inferno”, il cratere di Batagaika nella Repubblica di Sakha (Jacuzia), noto per rivelare reperti preistorici grazie agli effetti del cambiamento climatico.
Gli scienziati dell’Università Federale del Nord-Est di Yakutsk, guidati dal dottor Maxim Cherpasov, hanno presentato i primi risultati delle analisi. La testa del mammut, con una proboscide ancora intatta, è in uno stato di conservazione eccezionale. “Di solito, le parti esposte, come il tronco, vengono divorate dai predatori moderni. Qui, invece, la testa è rimasta praticamente intatta,” ha dichiarato Cherpasov.
La carcassa di Yana, del peso di 180 chilogrammi, è lunga circa due metri e alta 1,20 metri. Mancano le zampe posteriori e parte del corpo, ma i resti sono sufficienti per analisi approfondite. Secondo i ricercatori, Yana morì a circa un anno di età, anche se le cause della morte rimangono sconosciute. Potrebbe trattarsi di una malattia, un incidente o l’attacco di un predatore.
Questi resti forniscono un’opportunità unica per studiare la biologia e l’ecologia di una specie iconica dell’era glaciale. Gli scienziati sperano anche di utilizzare le informazioni raccolte per progetti ambiziosi di “resurrezione” della specie, come quello proposto dalla britannica Colossal Biosciences, che prevede la creazione di un elefante asiatico geneticamente modificato per riprodurre le caratteristiche del mammut.
Yana non è il primo reperto straordinario emerso dalla Siberia. Negli ultimi anni, il permafrost ha restituito i resti di altri animali preistorici incredibilmente conservati, come un cucciolo di tigre dai denti a sciabola, vissuto tra 35.000 e 32.000 anni fa, e un puledro di cavallo Lena scoperto nel cratere di Batagaika nel 2018. Ogni ritrovamento offre una finestra sul passato, svelando dettagli preziosi sulla vita nell’era glaciale.
Dalle analisi di questi reperti, gli scienziati sperano di ricostruire non solo l’ambiente in cui vivevano, ma anche di comprendere meglio i processi evolutivi e le cause che portarono all’estinzione di queste specie. In un mondo sempre più influenzato dal cambiamento climatico, queste scoperte non sono solo scientificamente rilevanti, ma anche un monito sul nostro impatto sugli ecosistemi.
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