Per due giorni ha lavorato senza fermarsi, aiutando i soccorritori a cercare vite tra la polvere. Poi si è addormentato come un eroe silenzioso.
Da oltre quarantotto ore Roko era tra i soccorritori. Nessuno gli aveva chiesto di sacrificarsi così, ma lui non smetteva di fiutare, di scodinzolare ogni volta che intercettava una traccia, come se sapesse che là sotto, sotto polvere e calcinacci, qualcuno lo stesse aspettando. Per i volontari era “il collega a quattro zampe”, instancabile e tenace, un compagno silenzioso che non conosceva riposo.
I suoi occhi indagavano ogni anfratto, la lingua penzolava stanca, ma non si fermava mai. Poi, quando anche il corpo ha chiesto tregua, Roko si è lasciato andare. Uno dei soccorritori gli ha steso un tappetino e lo ha coperto con la propria giacca. Lui si è accasciato, ha chiuso gli occhi e ha sospirato, esausto ma sereno. Nessun abbaio, nessun rumore: solo il respiro regolare di chi ha dato tutto.
Attorno a lui il campo base continuava a muoversi: radio che gracchiavano, passi affrettati, voci spezzate dalla fatica. Ma per un momento tutto sembrava fermarsi davanti a quella scena. Roko dormiva, non come un semplice cane, ma come un eroe che aveva compiuto il suo dovere. Un eroe stanco, ma finalmente in pace, simbolo silenzioso della dedizione e della speranza che non si arrende nemmeno tra le macerie.
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