Leo è un pastore tedesco di nove anni con gravi problemi neurologici. La sua mente è lucida, la voglia di vivere intatta, ma il corpo non riesce più a sostenerlo.
Questo è Leo. Ha nove anni ed è il mio pastore tedesco, il mio compagno fedele, la mia ombra da quasi una vita. All’inizio di quest’anno sono comparsi i primi segnali: difficoltà improvvise, movimenti incerti, qualcosa che non tornava. Sono iniziate le visite, i controlli, le cure, i tentativi continui di rallentare un percorso che sapevo sarebbe arrivato, ma che speravo di poter tenere lontano ancora un po’. Ogni appuntamento portava con sé una speranza fragile, ogni miglioramento sembrava una tregua concessa dal tempo.
Oggi Leo fatica persino a stare in piedi. Quando ci riesce è solo per pochi istanti, poi le zampe posteriori cedono e il suo corpo lo tradisce. Ho provato tutto ciò che era possibile: tappeti per evitare che scivolasse, supporti che non sopporta, piccoli accorgimenti quotidiani per aiutarlo. Ma lui odia sentirsi limitato. Odia che gli vengano toccate le zampe. La sua frustrazione è evidente e la mia impotenza lo è altrettanto. Negli ultimi tempi ha perso forza anche nelle cose più semplici. Le notti sono difficili, gli incidenti più frequenti, la stanchezza più profonda.
Eppure, quando lo guardo negli occhi, vedo ancora tanta voglia di vivere. Leo vuole giocare, girare per casa, fare il suo dovere di cane da guardia. La sua mente è lucida, il suo cuore presente. È il corpo a non riuscire più a seguirlo. Accettare che possa essere arrivato il momento è straziante. Non mi sentirò mai pronta e mi sembrerà sempre troppo presto. Qualunque scelta mi farà sentire in colpa, come se lo stessi tradendo. Scrivo solo per dirti addio, forse per chiedere se sto facendo la cosa giusta per il mio migliore amico. Ti voglio bene, Leo. Grazie di tutto, dolce anima.
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