Un detenuto senzatetto nel carcere di Lecce ha potuto riabbracciare il suo cane Zair dopo mesi di lontananza, grazie a un incontro speciale autorizzato dalla direzione.
Nel carcere di Lecce, a Borgo San Nicola, si è consumata una scena che ha commosso personale penitenziario e operatori: un detenuto, privo di visite da un anno, ha potuto rivedere il suo cane Zair, con cui viveva prima dell’arresto. L’uomo, senzatetto senza parenti né amici che lo andassero a trovare, aveva espresso un unico desiderio: rivedere quel quattro zampe che per lui rappresentava l’unico legame affettivo stabile. Oggi Zair è stato affidato a una famiglia della Puglia, ma il vincolo costruito negli anni non si è spezzato. La richiesta, arrivata alla direzione del penitenziario, è stata valutata con attenzione e alla fine accolta, nel rispetto delle norme di sicurezza interne.
Come nasce l’idea dell’incontro tra detenuto e cane
A raccogliere e valutare l’istanza è stata la direttrice del carcere di Borgo San Nicola, Maria Teresa Susca, che ha considerato le particolari condizioni personali del detenuto. L’uomo, infatti, non aveva mai ricevuto colloqui in dodici mesi di detenzione e, prima di entrare in carcere, viveva letteralmente in strada con Zair, condividendo con lui giorni e notti. Il cane, dopo l’arresto, era stato preso in carico da una famiglia pugliese, così da garantirgli cure e stabilità.
La direttrice ha spiegato che la richiesta è stata accolta proprio perché il detenuto non ha nessun altro contatto affettivo all’esterno, se non il suo cane. A lavorare all’organizzazione dell’evento sono stati diversi soggetti: la polizia penitenziaria, il funzionario giuridico-pedagogico che segue il percorso trattamentale dell’uomo e il suo avvocato. Coordinare tempi, sicurezza e spostamenti del cane non è stato semplice, ma alla fine tutti hanno contribuito affinché il desiderio potesse trasformarsi in realtà, con una gestione rigorosa ma umanamente attenta.
Due ore di emozioni nell’area verde del penitenziario
L’incontro tra il detenuto e Zair si è svolto in un’area verde interna al carcere, ritenuta idonea per garantire sicurezza e tranquillità. Il cane è arrivato accompagnato dai suoi attuali referenti e, non appena ha visto il suo vecchio compagno umano, si è diretto verso di lui scodinzolando e cercando il contatto fisico. L’uomo, visibilmente emozionato, lo ha abbracciato a lungo, accarezzandolo e chiamandolo per nome. Secondo il racconto della direttrice, il momento è stato toccante non solo per il detenuto, ma anche per il personale che aveva seguito l’iter autorizzativo.
L’incontro è durato circa due ore, durante le quali il detenuto ha potuto giocare con Zair, parlargli e ritrovare, almeno per un breve lasso di tempo, una dimensione affettiva che gli mancava completamente dall’ingresso in cella. Terminato il tempo a disposizione, il cane è stato riportato alla famiglia che oggi se ne prende cura, mentre il detenuto ha fatto ritorno nella sua sezione, con il ricordo di un abbraccio che ha spezzato la solitudine quotidiana.
Un precedente raro che potrebbe non restare isolato
La direttrice Maria Teresa Susca ha precisato che si è trattato di un evento eccezionale, il primo del genere da quando ricopre l’incarico a Lecce, da circa un anno e mezzo. Non esiste una prassi ordinaria per incontri uomo–animale di questo tipo e ogni richiesta deve essere valutata singolarmente, considerando ragioni affettive, esigenze di sicurezza e disponibilità delle strutture. Proprio per questo, ha sottolineato come iniziative del genere richiedano uno sforzo organizzativo ampio, che coinvolge più uffici e figure professionali.
La possibilità che in futuro si ripeta un incontro tra il detenuto e Zair non viene esclusa, ma verrà esaminata nei tempi e nei modi compatibili con la vita del penitenziario. Intanto questa esperienza ha aperto una riflessione sul ruolo che gli animali possono avere nei percorsi di recupero delle persone detenute, soprattutto per chi, come in questo caso, non ha altre relazioni significative all’esterno. Un gesto circoscritto, ma capace di restituire per qualche ora dignità, affetto e un frammento di normalità a chi vive tra le mura di un istituto di pena.